Quando un paradiso si trasforma in inferno…
Non sempre si riesce ad attraversare il buio e il dolore. A volte, nel buio, affondiamo.
(Cit.)
È difficile riuscire ad essere equilibrato dopo quel che è successo a Macerata. Chi mi conosce sa che la mia posizione non è certo a favore rispetto a certe politiche sull’immigrazione. Giro molto e posso dire senza smentita che negli ultimi anni la città, e la provincia con lei, è cambiata e spesso mi capita di scattare foto di strada a soli soggetti stranieri, incontrando neri ma anche indiani, arabi e persino musulmane col velo integrale, laddove ieri c’erano solo le nostre “vergare” e si sentiva parlare solo il dialetto locale e non certo lingue straniere per noi incomprensibili per definizione. Non è un punto di vista ma un dato di fatto, come è un fatto che non tutte le persone ospitate nei nostri territori sono di indole malvagia, e generalizzare è sempre sbagliato. Ho conosciuto e conosco persone di etnie diverse bravissime e irreprensibili, e allo stesso modo ne ho incontrate altre poco raccomandabili, ed è anche per rispetto ai primi che questa accoglienza va innanzitutto limitata e poi controllata e quindi gestita con più risolutezza al fine di garantire la sicurezza e la civile convivenza nei confronti della cittadinanza e scongiurare il ripetersi di fenomeni semplicemente inaccettabili in un Paese civile.
Una quindicina di giorni prima del terribile fatto di Macerata mi trovavo sotto le scalette della città e, mentre scattavo qualche foto alla Torre, questi giovani e sorridenti ragazzi di colore si sono avvicinati chiedendomi di scattare loro una foto, andandosene subito dopo, ringraziandomi senza aggiungere altro. La sensazione che ho provato è stata positiva, come capita sempre quando si incontrano ragazzi che vivono pacifici, sereni e integrati nell’ambiente nel quale si trovano. Erano stranieri ma potevano essere tranquillamente italiani, uguali e diversi gli uni dagli altri. Così, senza volerlo, oggi questa foto è diventata per me un simbolo, che vuole testimoniare che la diversità, non della pelle o delle provenienza, ma delle persone, non va mai dimenticata e che, pur continuando a chiedere alle istituzioni politiche un’accoglienza migliore (controlli, espulsioni, sicurezza e presenza dello Stato), non bisogna mai cedere al pensiero che “sono tutti uguali”. Purtroppo in tal senso la realtà dei dati (fonte: Il Sole24Ore) sul rapporto stranieri/reati, confermato anche dalla percezione dei cittadini, non è affatto positivo, e non volge certamente a rasserenare il clima. Per questo sono sicuro che anche questi bravi ragazzi desiderino una politica, uno Stato, capace di distinguere tra chi merita accoglienza e chi no. Perché altrimenti, sopratutto dopo un gesto inammissibile come questo, in un clima di crescente sfiducia, parente non troppo lontano dell’odio, che nessuno vuole innescare, a farne le spese saranno tutti indistintamente.
Mi sia consentito infine di manifestare la mia più sincera vicinanza alla famiglia della povera ragazza nella speranza che sia fatta piena luce sull’accaduto e garantita una piena e concreta giustizia. Resta in pace, piccola. Ti trovavi in un paradiso ma ti hanno trascinato all’inferno. Una macchia che tutta la nostra comunità non potrà mai più dimenticare.
In questa foto tre ragazzi africani che si sono offerti di scattare questa foto qualche giorno prima il tragico evento.
[maggiori_informazioni]